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Prof.ssa Angelica Piscitello

martedì 5 marzo 2013

GIACOMO LEOPARDI OPERE


Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggiere.flv
Cortometraggio di Ermanno Olmi (1954)

Le tre fasi del pessimismo leopardiano

Pessimismo individuale :
Il poeta afferma che l’uomo è infelice perché aspira a beni eterni, non quindi ad una felicità ma alla felicità. La morte è eterna ma egli stesso teme di morire perché è quasi certo ( la sua concezione è materialistica) che alla fine l’uomo annichilisce.

Questo pensiero porta il poeta al dolore esistenziale che gli durerà tutta la vita. L’uomo è destinato, infatti, a non sapere i motivi per cui è nato, viva, soffra; questa sofferenza può essere attenuata dalle illusioni che mostra la Natura con la bellezza del creato.

Ma il poeta sa che sono illusioni e non ne prova gioia, vorrà sempre illudersi ma non vi riuscirà mai; non si è illuso nemmeno quando avrebbe potuto, nell’età giovanile, e ciò costituisce per lui un motivo di rimpianto.

Il poeta non ha una Fede il suo dolore è perciò senza sbocco.

Pessimismo storico:
Per il Leopardi la Natura non ha mai concesso agli uomini la felicità, ma ha dato loro solo delle illusioni, per nascondere la vera e dura condizione umana.

Per il poeta la sofferenza era quindi una caratteristica a cui l’uomo non poteva sottrarsi; tuttavia gli antichi, che erano capaci di grandi illusioni, erano protetti dall’infelicità, perché esse abbellivano loro la vita e facevano loro sperare che la felicità fosse comunque raggiungibile.

E’la civiltà (il progresso) che ha distrutto le illusioni e ha abbandonato l’uomo a un’infelicità sempre più consapevole e insopportabile.

Pessimismo cosmico:
La concezione leopardiana di pessimismo cosmico, identifica la Natura, non come madre benigna che, attraverso le illusioni nasconde all’uomo la conoscenza del suo stato crudele, bensì come una matrigna cattiva che abbandona il figlio alla sofferenza, senza curarsi della sua creatura.

La Natura non si occupa dell’uomo né degli altri esseri viventi, quindi, nei fatti, è nemica della loro felicità.

Essa è indifferente alla specie umana, si mostra interessata solo al “circuito di produzione e distruzione” , il ciclo inesorabile della materia: la vita, la morte, la nascita e il dissolvimento.

Nell’ambito di questa concezione non c’è salvezza nemmeno per gli animali e le piante, tutti vivono l’infelicità esistenziale nell’universo.

Da ciò il profondo dolore il poeta.

A questo punto il pensiero leopardiano concepisce un progetto di civiltà: coscienza del vero e solidarietà fraterna.

ATTIVITA'
Quale fase del pessimismo leopardiano si evidenzia nei versi seguenti, tratti dal grande idillio "Canto notturno di un pastore errante dell'Asia (parte finale)?:

[...] Forse s’avess’io l’ale
Da volar su le nubi,
135E noverar le stelle ad una ad una,
O come il tuono errar di giogo in giogo,
Più felice sarei, dolce mia greggia,
Più felice sarei, candida luna.
O forse erra dal vero,
140Mirando all’altrui sorte, il mio pensiero:
Forse in qual forma, in quale
Stato che sia, dentro covile o cuna,
È funesto a chi nasce il dì natale."
 

1 commento:

  1. Nel grande idillo " Il canto notturno di un pastore errante dell'Asia" di Giacomo Leopardi, emerge la fase del pessimismo cosmico: il dì natale è funesto per tutti! Leopardi afferma che la causa del dolore dell'uomo è la Natura, perché essa crea l'uomo con un profondo desiderio di felicità, pur sapendo che essi non la raggiungeranno mai. Così, di fronte alla Natura matrigna, crudele ed indifferente ai dolori degli uomini, che si interessa solo alla ciclicità dell'esistente, Leopardi, come uomo, si sente impotente, non può cambiare ciò che è determinato ma, nello stesso tempo, non può non subire il fascino della Natura, per i suoi spettacoli di bellezza.

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Prof.ssa Angelica Piscitello